Qualche tempo fa, insieme ad altri 4000 fra traduttori, redattori e autori (ma anche avvocati, architetti, biologi ecc.), abbiamo risposto a un questionario proposto da Ires-Cgil nell'ambito di una ricerca dal titolo Professionisti: a quali condizioni?.
Lo scopo della ricerca era fotografare per la prima volta la situazione dei professionisti italiani. Sì, perché in genere, quando in Italia si parla di lavoro, ci si riferisce al lavoro dipendente. Invece c'è tutto un mondo di professionisti, completamente sconosciuto alle istituzioni e all'opinione pubblica, che lavora con contratti e tutele molto diversi da quelli dei lavoratori dipendenti e che Ires-Cgil ha deciso di interpellare su varie questioni: previdenza e tutele, reddito, livello d'istruzione, continuità del lavoro, percezione del proprio status lavorativo, obiettivi da perseguire come categoria.
Il quadro che emerge dai risultati (che puoi leggere qui) è piuttosto sconfortante: i professionisti sono il segmento "colto" dei lavoratori italiani (l'80% ha una laurea, contro il 12% dei dipendenti delle aziende), ma anche quello con il reddito più basso (il 23% guadagna meno di 1000 euro al mese, il 44,4% meno di 1500) e con un forte senso di precarietà: il 71% riferisce ad esempio di aver incontrato difficoltà nell'accesso al credito (richiesta di mutui e simili), mentre il lavoro è intermittente per circa il 70% dei professionisti della traduzione e dell'editoria, che alternano periodi di attività a momenti di riposo forzato.
E le tutele? Non esistono forme di sostegno al reddito per chi ha partita Iva, né tantomeno per chi, come i traduttori editoriali, lavora in regime di diritto d'autore; per quanto riguarda la previdenza, quest'ultima forma contrattuale la esclude per legge, quindi autori e traduttori possono scordarsi la pensione.
Un quadro ben diverso da quello ormai consolidato nell'immaginario collettivo, che vuole il professionista privilegiato e danaroso...
Che cosa si può fare, quindi, per migliorare la situazione? Il nostro consiglio è sempre quello di unirsi ad associazioni di categoria come AITI e al Sindacato Traduttori Editoriali, che fin dalla loro fondazione lavorano per il riconoscimento della professione e il miglioramento delle condizioni di lavoro dei traduttori. Da soli non abbiamo peso, insieme si possono cambiare le cose.
Per saperne di più, leggi questo editoriale del Giornale delle Partite Iva e questo articolo di Repubblica con tabelle di approfondimento.
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