Oggi inauguriamo una serie di racconti brevi di Francesca dedicati a traduttori editoriali e autori. Buona lettura!
Vita da Topi Traduttori
La guerra delle insegne
Topo Traduttore non poteva fare a meno di notare le insegne dei negozi cittadini. Ce n’erano di coloratissime, lampeggianti, allettanti, ma soprattutto ce n’erano di sbagliate. I negozi più alla moda, infatti, si inventavano insegne in un topinglese abborracciato che potevano forse passare inosservate ai più, ma di sicuro non a Topo Traduttore. Quando ne vedeva una, il cuore gli si fermava per un momento, la lunga coda si irrigidiva come il dorso di un dizionario e gli occhietti si iniettavano di furia topicida: come si poteva chiamare un negozio di fiori The Flower’s? A parte la banalità del nome, il genitivo toposassone era forse un’opinione? Ma c'era di peggio: in molti casi si percepiva un notevole sforzo creativo da parte dei proprietari dei negozi, sforzo che raramente produceva risultati positivi. Che dire ad esempio di quelle insegne che accostavano due lingue topesche diverse, come Occhial House? O di quelle che usavano il topinglese con colpevole disinvoltura senza tener conto dell'uso locale, come l'impresa di pulizie Borderline? Ma la cosa che più disturbava Topo Traduttore erano gli errori di ortografia: perché immortalare la propria ignoranza a caratteri cubitali e lampeggianti, quando bastava un dizionario a sciogliere qualsiasi dubbio? Evidentemente non tutti la pensavano come lui, perché la pizzeria New Fiiling sfoderava fiera il proprio disinteresse per il topinglese, e la Butique Rosa sedeva tronfia proprio davanti alla tana di Topo Traduttore, insultandolo con la sua luce al neon.
L’insegna rimaneva accesa giorno e notte e Topo Traduttore non ce la faceva più. Una sera, con gli occhietti che gli lacrimavano per il troppo fissarla, fu colto da un raptus e uscì di soppiatto dalla tana. Quando vi fece ritorno alcune ore dopo, riuscì finalmente a prendere sonno e a dormire pacifico come non gli succedeva da parecchio tempo.
Al mattino, sbirciando il marciapiedi di fronte, poté godersi l’arrivo del proprietario del negozio e il suo sconcerto nello scoprire che l’insegna era irrimediabilmente spenta. Pareva che qualcuno avesse tranciato, o forse rosicchiato, i cavi elettrici.
Il colpevole non fu mai scoperto.
© 2011 Francesca Cosi. Tutti i diritti riservati
L'immagine è un'elaborazione grafica di Alessandra della foto di Colin Purrington; è rilasciata con licenza Creative Commons BY-NC-SA.
Se ti interessano le insegne dai nomi improbabili, leggi anche questo post.
Carissime, io sono un Topo Traduttore molto curioso e guardo sempre con attenzione cartelli, segnali e soprattutto insegne di negozi che sfoggiano pseudo-anglicismi da far accopponare la pelle. Ovviamente, fotografo tutto a futura memoria. Date un'occhiata qui:
RispondiEliminahttp://www.facebook.com/media/set/fbx/?set=a.142240605789967.28610.140156439331717
Cara Maria Antonietta,
RispondiEliminagrazie per il link, le foto sono divertentissime!
Ci piacciono soprattutto Foder Shop e Rifat Vasche... ma sicuramente ci sono tantissime altre perle che ci aspettano dietro l'angolo, quando meno ce lo aspettiamo. Continua a documentare, torneremo a trovarti!
A presto,