Il riconoscimento professionale dei traduttori è il punto caldo su cui si dibatte da tempo nell'ambito dell'Associazione Italiana Traduttori e Interpreti (AITI).
Il 25% dei libri pubblicati in Italia, infatti, è in traduzione, ma quanti lettori conoscono il nome del traduttore del loro libro preferito? Per scoprirlo, possiamo fare un sondaggio fra gli amici (basta che non siano traduttori!), ma anche tirando a indovinare si può immaginare che la risposta sia la stessa: davvero pochi.
Questo dipende anche dal fatto che sui libri il nome del traduttore bisogna andarlo a cercare sul frontespizio oppure nel colophon. Solo pochi editori virtuosi lo mettono in copertina, come Alet e Meridiano Zero. Eppure è lui che fa il lavoro! (Anzi, lei, visto che nell'80% dei casi si tratta di donne).
Anche a livello di tutele, non siamo messi meglio: non ci possiamo ammalare, avere figli e nemmeno andare in pensione, perché non esistono leggi che ci tutelino in queste situazioni.
Per fare fronte a questi problemi, AITI si è mobilitata in una campagna mediatica e in una serie di incontri con le istituzioni per il riconoscimento professionale dei traduttori. Ecco alcuni articoli che sono stati pubblicati di recente: appello al ministro Brambilla, articolo del Corriere della Sera, blog Storie di oggi.
Si riparlerà di questi argomenti il 7 ottobre a Milano (via Macedonio Melloni 3, h 9), in un convegno organizzato da AITI Lombardia per fare il punto con le istituzioni e capire come stanno cambiando le cose.
Nel pomeriggio, dalle 14.30 alle 17, una tavola rotonda con i rappresentanti dell'editoria e delle aziende per costruire insieme nuove pratiche di lavoro soddisfacenti per tutte le parti. Noi ci saremo, e Alessandra modererà la tavola rotonda editoriale: se vieni ci farà piacere vederti!
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