giovedì 23 dicembre 2010

Un racconto natalizio: "Tempi duri per Babbo Natale"

Per augurarvi buone feste abbiamo pensato di dedicarvi questo racconto natalizio di Francesca:

Tempi duri per Babbo Natale

Era arrivato novembre e la neve cadeva fitta sulla fabbrica di regali di Babbo Natale. L’attività ferveva: le renne andavano regolarmente in palestra ad allenarsi per la notte della Vigilia; gli elfi, con la carnagione verdastra e i vestitini attillati, selezionavano le lettere dei bambini, fabbricavano i regali e li impacchettavano senza un attimo di tregua, mentre Babbo Natale sorvegliava le attività dall’alto del suo pancione, che continuava a essere prominente nonostante la dieta.

Il compito di Babbo Natale, oltre alla consegna dei regali, consisteva nell’esaudire le richieste più difficili. Le letterine dei bambini, infatti, venivano divise in tre mucchi: quelle facili, che richiedevano giocattoli standard; quelle difficili, che esigevano la fabbricazione di doni su misura, e quelle stradifficili, che non richiedevano oggetti, ma doni immateriali come la pace nel mondo, la salute, la felicità. Ogni volta che arrivava una lettera stradifficile, gli elfi impallidivano, anzi, inverdastrivano, si stringevano le testoline allungate e lanciavano urla di terrore, poi gettavano la missiva in una cesta con un grande punto interrogativo sopra, pregando che non ne arrivassero altre. Di solito venivano esauditi: accadeva di rado che Babbo Natale ne ricevesse più di due o tre all’anno, ma ogni volta rimuginava per giorni e giorni insieme al suo team di elfi consulenti per trovare una soluzione che accontentasse i bambini, o che almeno non li scontentasse troppo.

Workshop 02

La letterina stradifficile del 2009 era di Giorgia, una bambina della provincia lombarda, e diceva pressappoco così:

Caro Babbo Natale,
negli ultimi tempi i miei genitori hanno il muso, parlano poco e ridono anche meno. Ho chiesto che cos’è successo, se è per quel brutto voto che ho preso in storia, ma mi hanno risposto che la scuola non c’entra: il problema è la “crisi”.
Non ho capito bene che cosa vuol dire, però so che la mamma non va più al lavoro ed è triste, mentre il papà è in cappa integrazione (non so se si dice così), insomma, sta a casa tre giorni alla settimana a fare la cassa intubazione, ed è sempre più nervoso.
Mi dispiace tanto vederli così e per questo Natale vorrei che, invece di portare un regalo a me, portassi un lavoro a loro.
Grazie e tanti bacini, anche agli elfi e alle renne,
Giorgia.

Finito di leggere la letterina, Babbo Natale esclamò: “Poffarbacco!” e si accese un sigaro, come faceva sempre nei momenti di preoccupazione. Gli elfi consulenti scossero la testa all’unisono. Se Babbo Natale fumava, era un brutto segno: la richiesta era davvero stradifficile e ci sarebbero voluti giorni e giorni di scervellamenti collettivi per esaudirla. Chissà, poi, se ci sarebbero riusciti? Ricordavano ancora i casi di insuccesso degli ultimi anni: Filippo da Pisa, Aisha dal Marocco e Yuan dalla Cina. Nonostante gli sforzi, non era stato possibile accontentarli, e le conseguenze erano state disastrose: i bambini avevano smesso di credere a Babbo Natale e la loro adolescenza si prospettava più scontrosa e ribelle del solito.

Babbo Natale era rosso in viso e sudato per l’agitazione, ma ritrovò un certo contegno e disse, imponendosi un sorriso e un tono di voce entusiasta: “D’accordo, elfi: questa è una grande sfida e noi faremo di tutto per accontentare Giorgia, vero?”.

La risposta tardava ad arrivare, e Babbo Natale si trovò costretto a stimolare nuovamente i consulenti: “La aiuteremo, vero? Fatemi sentire un bel sì energico!!!”.

Gli elfi, pensando che l’ultimo corso di Tecniche della Comunicazione Manageriale gli avesse dato alla testa, si sforzarono di assentire, e Babbo Natale riprese la parola: “Su, su, un po’ di entusiasmo, ragazzi, altrimenti non ce la faremo mai! E adesso un bel brainstorming: ognuno proponga la sua idea, poi le metteremo tutte ai voti e decideremo che cosa portare a Giorgia. Avanti: qualcuno ha una proposta?”

Ci furono diversi secondi di silenzio imbarazzato, poi, tossicchiando nervosamente, si fece avanti l’elfo Gnupo: “Potremmo portarle due targhette di legno colorato con la scritta: ‘Lavoro’”. Si levarono i mormorii di disapprovazione degli altri elfi e Babbo Natale sbottò: “Così la bambina penserà che io la prenda in giro e mi odierà per sempre, o peggio, smetterà di credere alla mia esistenza! Proposta bocciata! Andiamo avanti: altre idee?”.

Alzando una mano tremante, l’elfo Blippo prese la parola: “Potremmo portarle una bella bambola: se ricevesse una delle nuovissime Barbie-Supertrendy-Vacanze-ai-Caraibi, forse si dimenticherebbe della lettera…”

“Ma allora non avete capito”, ruggì Babbo Natale. “Non voglio prendere in giro i bambini!”, gridò, sottolineando ogni parola con un pugno. “Forza, qualcuno ha un’idea migliore?”.

Gli elfi consulenti tenevano il capino basso, mostrando solo la punta delle orecchie affilate: a nessuno veniva in mente un suggerimento utile, e Babbo Natale rispedì il team alla catena di montaggio borbottando fra sé: “Branco di incompetenti… ma io li licenzio tutti! Ah, già, ma come faccio? Non posso, hanno un contratto a tempo indeterminato per l’eternità.”

I giorni scorrevano veloci e ogni mattina, fissando terrorizzati il tabellone con il conto alla rovescia che li separava dalla notte di Natale, gli elfi cercavano di lavorare ancora più in fretta per non incorrere nelle ire di Babbo Natale. Anche il loro principale aveva le sue preoccupazioni: la letterina di Giorgia non aveva ancora trovato risposta e il tempo stringeva, stringeva da morire, quasi quanto l’elastico dei pantaloni dell’anno scorso, che Babbo Natale aveva indossato in un momento di ottimismo e che non riuscivano più a contenere le sue cicce debordanti.

Fu così che giunse la sera della Vigilia: le renne erano ormai in splendida forma dopo l’allenamento, gli elfi si affannavano a caricare sulla grande slitta dorata pacchi e pacchetti di tutte le forme e dimensioni, mentre Babbo Natale continuava a rimuginare sul regalo di Giorgia, sperando che l’illuminazione gli venisse durante il viaggio. Si teneva in contatto con gli elfi via cellulare e in qualunque momento avrebbe potuto commissionare loro un regalo dell’ultima ora per la piccola.

La mattina di Natale, a casa di Giorgia, le luci intermittenti dell’albero erano accese e la bambina era intenta a scartare i regali con i genitori, apparentemente sereni.

“Ho fatto un sogno, stanotte”, disse il papà scartando un pacchetto. “Mi è venuta un’idea per un prodotto che potrei realizzare e vendere… pensate che l’ho sognato in tutti i dettagli! Chissà, magari potrebbe funzionare…”.

“Ma non mi dire, anch’io ho fatto un sogno!”, ribatté la mamma. “Mi ero iscritta a quel corso di giardinaggio che ho in mente da una vita, avevo imparato un sacco di cose e alla fine avevo messo in piedi una piccola attività… Che ne dite, forse è il momento di provare, no?”

Giorgia non disse niente, ma aprì l’ultimo regalo, una busta tutta colorata. Conteneva una lettera che diceva così:

Cara Giorgia,
non potevo dare un lavoro ai tuoi genitori (sai, i miei dipendenti sono tutti elfi), ma un po’ di speranza, sì. Spero che la crisi finisca presto e che la tua famiglia sia più serena. Con affetto,
Babbo Natale.

© 2009 Francesca Cosi. Tutti i diritti riservati

4 commenti:

  1. Grazie, Francesca! Un bel racconto che leggerò anche alla mia bimba! L'espressione POFFARBACCO mi fa impazzire!!!

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  2. Sono contenta che ti sia piaciuto!
    Ho pensato che "poffarbacco" si addicesse a un Babbo Natale buffo e un po' preoccupato...
    credo che lo usi anche zio Paperone.
    Buon 2011 e a presto!

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  3. Grazie per il racconto, Franci! e buon trasloco!!

    Auguri e un abbraccio da

    Alessandra & Oscar

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  4. Cari Ale e Oscar,

    sono contenta che il racconto vi sia piaciuto... e nel frattempo il trasloco è finito!

    Buon anno e a presto,

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